Per Tricarico e Camporini, il vero rischio sta nell’imprevedibilità di Kim e Trump. “Al 38° parallelo operazioni chirurgiche impossibili, si rischia un’ecatombe”
Roma, 4 settembre 2017 – Huffingtonpost.it
Se a fronteggiarsi fossero due persone ragionevoli, il rischio di una guerra nucleare tra Corea del Nord e Stati Uniti sarebbe esiguo. Ma visto che qui si parla di due personaggi “diversamente squilibrati”, il rischio c’è e non può essere ignorato. Perché basta un passo falso a scatenare una guerra in cui è impossibile parlare di “operazioni chirurgiche”, visto che un eventuale intervento per colpire i siti nordcoreani provocherebbe un’ecatombe anche tra la popolazione della Corea del Sud. Abbiamo chiesto al generale Leonardo Tricarico e al vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali Vincenzo Camporini di aiutarci a distinguere tra dimostrazioni di forza e reali pericoli, ed entrambi concordano su un punto: la vera minaccia, in questa brutta storia, sono i due protagonisti in campo, Kim Jong-un e Donald Trump.
“Kim Jong-un è uno squilibrato ma non uno stupido: si rende conto che suo comportamento scomposto e scellerato non gli darebbe scampo”, spiega il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, già consigliere militare del presidente del Consiglio dei ministri (1999-2004) e attuale presidente della Fondazione Icsa. “Ciò che vuole è perpetuare il suo potere, solo che ha adottato delle forme esagerate per manifestare questa sua intenzione al mondo. Non essendo stupido, si rende conto che non ci sarebbe storia nel caso in cui si desse davvero fuoco alle polveri”.
È un compito che deve assumere la comunità internazionale di alto livello, vale a dire il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. “Almeno a parole – prosegue il generale – tra i cinque membri permanenti c’è una concordanza di fondo, per cui non dovrebbe essere un problema: serve una risoluzione robusta, a dieci mani. Per la parte nordcoreana, poi, è bene che la Cina individui il modo di usare le maniere forti nei confronti del dittatore. Ognuno deve calarsi nei panni del pompiere e dare il proprio contributo per evitare che l’incendio divampi. Il rischio che la situazione sfugga di mano c’è, nessuno lo può escludere. È come quando due soggetti vogliono accapigliarsi a tutti i costi: se c’è qualcuno che li trattiene, la rissa si evita, altrimenti no”.
Per Camporini, vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali ed ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e della Difesa, “il dilemma è come possiamo fermare questo processo prima che venga raggiunto il punto di non ritorno”. Le possibilità della diplomazia non sono ancora state esplorate al 100%. Il capo del Pentagono, il generale James Mattis, lo ha detto chiaramente: c’è ancora spazio per una soluzione diplomatica, anche se si sta riducendo.
“Il punto – spiega Camporini – rimane la capacità e volontà di Pechino di controllare questo suo vassallo. Perché di questo si tratta: di un vassallo molto scomodo, che spesso si comporta in modo non gradito a Pechino, ma di cui i cinesi non possono e non vogliono fare a meno”. Perché? Per almeno tre ragioni, afferma Camporini. “Da un lato Pechino teme che un eventuale collasso del regime nordcoreano avvii un flusso di migliaia e migliaia di profughi verso la Cina. Un altro elemento che giustifica l’ambiguità di Pechino è che la Corea del Nord rappresenta comunque una spina nel fianco degli Usa, considerati come competitor in altri teatri a cominciare dalla Cina meridionale. Inoltre, Pechino non vede di buon occhio la prospettiva di una riunificazione della Corea, che comporterebbe avere come vicino di casa un Paese non amico. Per tutte queste ragioni la capacità di influenza della Cina sul dittatore nordcoreano non viene esercitata con tutta la sua potenzialità”. In questo senso resta fondamentale il dialogo tra Washington e Pechino, così come non bisogna trascurare l’inserimento di una Russia che non perde occasione per dimostrare il suo ruolo di potenza globale.
Le dichiarazioni e il comportamento di Trump restano “preoccupanti”, spiega l’ex capo di Stato maggiore della Difesa, che però ha grande fiducia negli uomini che circondano il presidente.
Dal punto di vista militare, anche gli analisti più attenti non sono in grado di fornire informazioni accurate sulla capacità del complesso nucleare nordcoreano. “Di certo – afferma il generale Tricarico – il regime di Pyongyang ha una capacità balistica di crescente performance e i suoi missili, oggi come oggi, possono arrivare a grandi distanze (lo ha dimostrato con l’ultimo lancio, quello che ha sorvolato il Giappone). Quanto all’accuratezza, è tutto da vedere, ma si può ritenere che sia in grado di centrare un bersaglio abbastanza ampio pur con un significativo margine di incertezza”.
Chi più ha da temere? “La Corea del Sud e il Giappone, per molti motivi”, prosegue Tricarico. Soprattutto perché non dispongono di una capacità antimissile accurata; il Giappone si sta incamminando, ma è una strada lunga che non s’improvvisa in un giorno. “Se si dovesse arrivare a una confrontazione, bisognerebbe irrobustire le difese di questi paesi più esposti. Di certo gli Stati Uniti dispongono di una lista molto curata e completa dei siti nordcoreani, e hanno già inserito le coordinate nei loro sistemi d’arma. Credo che siano in grado in poche ore, con gli armamenti standoff (missili da crociera a lunga gittata) di fare una notevolissima opera di bonifica, ovviamente sparando da lontano (con sottomarini o areai, quindi senza mettere piede sul terreno). Quello che potrebbe sfuggire sono i sistemi mobili di cui molto probabilmente è dotato il dittatore, ma anche qui non dovrebbe essere un problema per le forze americane neutralizzarli in poco tempo”.
“Oggi sono convinto che la Corea del Nord non abbia ancora le capacità né nucleari né missilistiche per concretizzare le sue minacce”, afferma Camporini. “Dotare le testate di capacità nucleare è un compito che richiede tempo. L’affidabilità e la precisione dei loro reattori lasciano a desiderare. Il punto chiave, però, è nella parola ‘ancora’. Il tempo sta lavorando dalla parte di Kim”. Come finirà? Difficile a dirsi “perché, francamente, è difficile entrare nella testa dell’uno e dell’altro”. “È probabile – prosegue l’ex generale – che continueremo con questo giochino per anni, se resteranno in campo altri soggetti dotati di ragionevolezza.
“Se ci dovesse essere un intervento ‘chirurgico’ contro i siti nordcoreani senza un’adeguata preparazione, si avrebbero migliaia di vittime”, continua Camporini. In termini di morti, un conflitto al 38esimo parallelo sarebbe veramente disastroso. Si tratta di un rischio ancora molto limitato, ma che non può essere ignorato. Perché è proprio ignorandolo che aumenta il rischio di un passo falso”. E allora sì che lo scenario più cupo potrebbe uscire dal regno degli incubi e diventare realtà.
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http://www.huffingtonpost.it/2017/09/04/siamo-nelle-mani-di-due-diversamente-squilibrati-la-minaccia-nucleare-vista-dai-generali-italiani_a_23196113/